CHIESA-SANTUARIO DI SAN FRANCESCO

DENOMINAZIONE: CHIESA-SANTUARIO DI SAN FRANCESCO
UBICAZIONE: piazza Tribunali
EPOCA: prima metà del XIV sec.
DIMENSIONI:
STATO DI CONSERVAZIONE: ultimi restauri 1984

DESCRIZIONE:

Sconfitti i Saraceni, Carlo II d’Angiò ottenne da papa Bonifacio VIII la facoltà di elevare una chiesa  in onore di San Francesco d’Assisi  – che una pia tradizione vuole sia passato per Lucera nel 1221 – e fondare un convento di Minori, in onore e memoria di suo figlio S. Ludovico (1274-1297), vescovo di Tolosa, nato per il Wadding nel Castello di Lucera.
La chiesa di S. FrancescoIsolata, la chiesa sorgeva nell’angolo più alto della città medievale; secoli ed intemperie danneggiarono l’edificio finché il Padre Maestro di quel convento, Francesco Antonio Fasani (1681-1742), si impegnò per apportarvi i necessari restauri, realizzati secondo i canoni stilistici dell’epoca. Un radicale intervento architettonico (1936-1942) riportò l’edificio allo splendore originario, in cui la facciata a capanna, un mirabile portale e un ampio rosone, sono un invito al godimento artistico del vetusto e nobile prospetto. Nella vasta aula un’alta fascia di affreschi settecenteschi, ora ricoperti da un velo di intonaco, narra episodi della vita di San Francesco d’Assisi.
L’abside poligonare, slanciata e luminosa, conserva i primitivi affreschi della chiesa, tra cui, ospitata in una stupenda ogiva, un’Annunciazione del 1300-1400. Tele di scuola napoletana del secolo XVIII sono esposte sulla parete d’ingresso della chiesa.
Nei cinque altari laterali, tutti di pietra arenaria finemente lavorata, due delle quattro statue lignee sono di Giacomo Colombo: S. Francesco (1713) e l’Immacolata (1718). Il Pulpito è ricavato dal monumento sepolcrale in stile rinascimentale del cavaliere spagnolo Antonio Santa y de Paglias e della moglie Giovannella Falcone, costruito nel 1557. Sotto l’altare maggiore (1942) sono raccolti i resti mortali di S. Francesco Antonio Fasani, il primo Santo della Capitanata, a tutti noto come il Padre Maestro, canonizzato il 13 aprile 1986 da Papa Giovanni Paolo II.

(testo di Massimiliano Monaco)

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